QL workstation, come lo feci :-)

QL Box & QL Work Station

Scrivere a distanza di trent’anni di cose fatte trent’anni fa (…) mi ha fatto percepire “all’improvviso” ed in tutta la sua dimensione, l’entità del tempo che è passato. Dopo che Giorgio mi ha chiesto di scrivere a proposito della QL Work Station, per ravvivare il ricordo di come quell’oggetto è nato ed è stato costruito, ho ( dovuto ) riprendere in mano tutto quello che di quel momento ho archiviato e conservato e riguardarmelo con calma per qualche giorno. Riviste, depliant, e manuali assieme ad un po di fotografie e riprese video sono gli oggetti di quell’archivio.

LUOGHI

Pensare a quegli anni mi ha riportato alla mente anche l’immagine dei luoghi QL-topici di Milano che in quel periodo frequentavo spesso.

Luoghi come la Nuova Newel in via Mac Mahon dove il QL lo acquistai e dove si potevano trovare hardware aggiuntivi e programmi in abbondanza, oltre che per il QL, praticamente anche per tutti i personal-home computer più conosciuti. Entrando in quei locali si potevano vedere ( disordinatamente ) affiancati Spectrum, QL, Amiga, Commodore 64, Vic e Atari vari, oltre ad una quantità di riviste e programmi su cassetta, su floppy e, si, anche su microdrive.

Luoghi come Hex Electronic al 16 di viale Jenner, altro famoso rivenditore con sede in un locale di quattro vetrine , che vendeva molto di quello che esisteva in quel momento in commercio per i computer Sinclair comprese le interfacce Sandy.  Le espansioni SuperQBoard e Thru-Con-Ram montate nella prima versione della QL-WS, furono acquistate li.

Un terzo luogo topico, per me, fu la Delta Elettronica in via Valparaiso. Non aveva nulla a che fare con il QL, ma essendo uno dei più noti rivenditori di componenti elettronici di Milano, ha avuto la stessa funzione che oggi hanno i siti specializzati di vendita on-line. Un posto estremamente fornito, conosciuto, facilmente raggiungibile ed in grado di procurare rapidamente anche parti di difficile reperibilità. Attraverso quel negozio sono riuscito a trovare alcune delle componenti che mi furono necessarie per realizzare la QL-Box di Paolo prima e la mia Work Station poi.

In una grande città nulla resta a lungo uguale a se stesso, e così oggi nell’angolo del palazzo dove c’era la Newel ora c’è un rivenditore di porte e finestre ed un traslocatore. Al posto di Hex Electronic c’è un bar tavola calda, ed al posto della Delta una filiale di banca. Svaniti fisicamente ma non nel ricordo, di quei rivenditori ho conservato molti dei loro listini. In lire ovviamente.

PRIMA DEL QL l’MSX

Il QL non è stato il mio primo computer. Nel 1985 comprai un Sony HB 75P MSX con annesso lettore di cassette SDC 500. Erano, come tutti i prodotti Sony, ergonomici, esteticamente curati e dannatamente costosi. All’inizio la curiosità e la novità di quell’oggetto elettronico programmabile mi intrigò, ma furono subito evidenti i grandi limiti che aveva. Lo usai per un annetto e poi lo vendetti. Attraverso un annuncio su Secondamano, trovai un compratore al quale lo diedi ricavando buona parte di quel che serviva per comprare il QL. Di quella macchina ho ancora, ben conservate, diverse compact cassette con i primi programmi che scrissi in MSX Basic.

QL-BOX

Della QL-Box, prima parziale trasformazione hardware per un QL che realizzammo io e Paolo Vanni, descrivo qui l’origine per sommi capi in quanto fece, con qualche anno di anticipo, da prototipo della WS.

Il suo QL  ( rom AH ) Paolo lo acquistò nel 1984, non molto dopo che fu presentato e messo in commercio. Quasi subito prese anche l’espansione di memoria e l’interfaccia disco per i nuovissimi floppy da 3.5 pollici da poco introdotti da Sony, rendendosi però anche conto di quale bailamme, cavi volanti ed hardware esterni così collegati, generavano attorno al computer.

All’epoca ci conoscevamo da quasi dieci anni ed era frequente che ci si trovasse a casa o da me o da lui. Dopo qualche mese che lo vedevo usare il suo QL circondato da alimentatori, unità floppy e da inestetici quanto poco sicuri cavi e piattine di connessione, gli proposi di riunire tutto quel po po di mercanzia in unico contenitore. A Paolo l’idea piacque, e sapendo che come appassionato di modellismo plastico avevo esperienza assieme alla possibilità di poter sagomare e lavorare con precisione pannelli in materiale plastico, mi chiese di realizzare il nuovo contenitore. Decidemmo assieme la forma e la disposizione del suo contenuto. Tra i vari tipi di plastica disponibili, per maggiore lavorabilità e minor costo  scelsi il PoliVinilCloruro come materiale costituente i pannelli di quello che sarebbe divenuto un case nero a forma di parallelepipedo. Farlo in Plexiglass, materiale di maggior pregio ma anche più costoso e fragile che al lavoro usavo tutti i giorni, mi sembrava un po esagerato.

Dentro al case inserimmo l’alimentatore del QL, quello dell’unita disco e l’unità stessa, circoscrivendo alla sola alimentazione ed alla piattina dati per i floppy, i cavi connessi al computer ed in giro per la scrivania ( oltre all’ovvio cavo per il monitor ). Poiché “lo scatolo” sarebbe rimasto a fianco al QL ne ripresi l’estetica dipingendo a spruzzo di nero opaco i sei lati, ed incidendo a pantografo, per tutta la sua lunghezza, il pannello anteriore con le caratteristiche linee orizzontali dei prodotti Sinclair aggiungendovi il logo QL-BOX. Sempre sullo stesso pannello fissai due interruttori. Il primo per l’accensione del QL ed il secondo per quella del lettore floppy.

Avendo lavorato in pratica solo sull’estetica del Sistema QL+Periferiche, senza intervenire su nessuna parte elettronica, non vi furono problemi, ed una volta terminato l’assemblaggio tutto funzionò senza difficoltà. Era il 1985. Lo stesso mio anno MSX.

QL Work Station

La mia Work Station, un paio di anni dopo, fu invece faccenda un po diversa. Pur trovando apprezzabile il lavoro portato a termine per il mio amico, quel livello di “compattamento” per le mie necessità non era sufficiente. Sulla base di quell’esperienza compresi che ci si poteva spingere oltre e mettere, assieme alle periferiche, l’intero computer dentro al contenitore, lasciando fuori solo la tastiera. Lo stesso pratico form factor che si era ormai diffuso nei PC.

Parte dei problemi tecnici, riguardanti l’elettronica, che dovetti affrontare e risolvere per realizzare alla fine la Work Station, l’ho descritta nell’articolo sul Gestionale Vendite e non starò quindi a ripeterla. Qui mi soffermo sulla parte relativa alla costruzione della struttura del case e della tastiera.

Come si può vedere dalle foto a corredo, i pannelli del case sono tenuti assieme da quattro viti ognuno. Viti autofilettanti che vanno a fissarsi ad un telaio di angolari in alluminio. La stabilità dell’insieme è ottenuta dalla combinazione tra il telaio e la rigidezza data dai 5mm di spessore dei pannelli PVC una volta avvitati ad esso.

Gli alimentatori sono isolati e fissati ognuno su un pannellino plastico a se e distanziati dalla base inferiore del contenitore. Quello del QL, noto per essere soggetto a surriscaldamento, l’ho tolto dal suo contenitore lasciandolo libero di dissipare il proprio calore. Essendo l’elemento termicamente più critico e’ stato posizionato in modo che avesse spazio attorno a se, prevedendo in sua corrispondenza delle griglie di aerazione sui pannelli laterale e superiore. Griglie presenti anche sopra al dissipatore vicino ai microdrive, ed a fianco e sopra alla Gold Card.  La motherboard del QL e la Gold Card sono fissate a delle mensole di PVC a loro volta fissate con angolari di alluminio tagliati a misura. I due floppy drive sono uno a fianco all’altro, sotto alla motherboard QL, anch’essi avvitati su pannellini di PVC. Il motivo per il quale alimentatori e unità floppy non sono fissati direttamente alla base inferiore del contenitore, ma su delle basette separate ( i lettori floppy sotto di se hanno anche una lastrina di gomma ) attiene alla necessità di far circolare l’aria attorno all’intero componente, oltre ad annullare la trasmissione di vibrazioni al resto del computer, disaccoppiando ogni unità dalla struttura.

I pannelli anteriore e posteriore del case, sono gli unici a riprendere il motivo estetico delle righe orizzontali del QL originale e sono state ottenute per fresatura a pantografo. Nel pannello anteriore sono stati ricavati otto fori rettangolari. Due per il montaggio degli interruttori di accensione ( QL e floppy drives ), due per la coppia di unità floppy, due per l’accesso alle meccaniche dei microdrive, e due per i piccoli led rettangolari di quei microdrive. Microdrive, che per la cronaca, hanno smesso di funzionare già durante il montaggio all’interno del case. Cosa della quale non mi sono preoccupato più di tanto vista la presenza dei ben più affidabili e capaci lettori floppy. Il tasto “Missoni” per il reset, posizionato alla destra della macchina, è pigiabile attraverso una delle fessure di aerazione sulla destra. Le connessioni di comunicazione dati e video, dalla motherboard sono state riportate alle prese DE9, DB25, Din , RCA e Jack del pannello posteriore  attraverso dei cavi di prolunga. A monte di tutto ed a protezione elettrica dell’intera macchina, sono posti in cascata un filtro di rete ed un fusibile. Il filtro é integrato nella presa a pannello dove va ad inserirsi il cordone di alimentazione.

LA TASTIERA 

Il grosso del lavoro di costruzione dovetti affrontarlo per realizzare la tastiera ( periferica la cui fabbricazione era assolutamente imprevista ). Tastiera che contavo di acquistare e collegare successivamente al computer. In un noto mercatino dell’usato che si teneva in zona navigli qui in città, mi procurai per poche lire una tastiera fisicamente integra ma non funzionante di un PC XT. La aprii e replicai il layout del circuito di quella del QL. Sulle prime sembrava andare. Peccato però che generasse segnali elettrici un po differenti da quelli che il processore Intel 8049 ( deputato a gestirla ) si aspettava, mandandolo in tilt e facendogli generare una quantità incontrollata di caratteri a video a fronte della singola pressione del corrispondente tasto. Usai ugualmente per un po quella tastiera, cercando di capire se fosse possibile rimediare al problema, ma, in mancanza di informazioni più complete, mi resi conto che non valeva la pena perderci altro tempo appresso.

Non potendo usare la tastiera dell’XT, e non senza qualche titubanza vista la discreta complessità del compito, decisi d’ufficio che la soluzione migliore era fabbricare ex novo l’intera ( malefica ) periferica, mantenendo però anche per essa colore e design del QL e del case già pronto. In casa avevo un’altra tastiera ( fino a quel momento usata solo per fare delle prove ) recuperata smontandola da un ingombrante terminale di computer degli anni ’70. Una di quelle old style con i tasti alti e grossi. Tasti poco eleganti che però sapevo funzionare con certezza e senza l’effetto bouncing della tastiera XT.

Iniziai il lavoro di disegno generale e sagomatura dei pezzi usando lo stesso tipo e spessore di PVC del case ( stavolta bianco anziché grigio ). Occorsero diversi giorni per realizzare singolarmente tutti i pezzi necessari alla composizione della “carrozzeria”. La fabbricazione del guscio esterno era comunque solo una parte del lavoro. All’interno di quel guscio andava inserito un solido telaio, che sorreggesse le meccaniche dei tasti mantenendole ben ferme una volta posizionate. Bisognava poi fare tutti i collegamenti elettrici tra i tasti stessi, per replicare la mappatura della tastiera originale del QL e, dulcis in fundo, fabbricare due cavi da zero ( ancora e di nuovo ). Il primo per collegarla al computer attraverso dei connettori DB25 femmina ai due capi. Ed il secondo, posizionato all’interno del case del computer stesso, che da un’altra DB25 ( maschio ) fissata sulla base inferiore del case principale, in corrispondenza di una apertura rettangolare praticata allo scopo, porta i segnali provenienti dai tasti fino alla motherboard.

 Le saldature fatte in quei giorni furono davvero tante, ed ognuna controllata subito con il tester per avere la certezza che non fosse fredda. Le ultime venti della serie, le effettuai su due piccole basette ramate, sagomate, incise ed adeguatamente assottigliate in precedenza, per poter essere inserite nei contatti presenti sulla motherboard QL, al posto delle sottili linguette della ( famigerata ) membrana della tastiera originale. Una ciliegina sulla torta fu “scoprire” che le coppiglie alfanumeriche del QL originale, erano perfettamente compatibili con la testa a croce delle aste dei pulsanti riciclati.

Non fu la sola ciliegia. Il QL ha un tasto Caps Lock per accedere alle lettere maiuscole. Come è noto, non ha un led che ne segnali la condizione ( è stato pigiato ? ). Uno dei pulsanti recuperati dal sunnominato terminale, era a doppio effetto. Alla prima pigiata restava giù. Alla seconda tornava su. Lo piazzai in corrispondenza dello Shift destro. Così, anche senza un led acceso, quando quel tasto viene premuto, rimanendo visibilmente abbassato, segnala l’attivazione delle maiuscole. Finito e perfetto! 

In fondo al racconto… 

Al termine del 1988 avevo finalmente pronto ( e soprattutto funzionante ) il mio nuovo QL. Erano passati quasi due anni tra la prima valutazione sul come fare quella trasformazione dopo il prototipo QL-Box, all’averla tra le mani. Due anni passati a mettere assieme le informazioni, a trovare i componenti necessari ed a costruirlo un po alla volta. Durante quel periodo alcune informazioni per il cavo-bus le chiesi ad Hex Electronic i cui tecnici mi avvisarono della labilità dei segnali sulla porta di espansione del QL. Una delle ragioni per le quali tutte le interfacce QL erano collegate al computer senza prolunghe.  Per altre interpellai la Delta Elettronica. Nel frattempo una mano me la diede anche un amico tecnico elettronico di professione.

La WS ha avuto due versioni. La prima, basata sulle espansioni ed interfacce Sandy e con due unità floppy da 720K, è stata attiva dal 1988 al 1991. La seconda e definitiva, basata sulla Gold Card Miracle e gli annessi floppy drives da 4 Mbytes, realizzata per modifica della versione 1 nel 1991. La diversa dimensione del frontale delle unità floppy Mitsubishi, rispetto ad una delle due precedenti ( il drive Panasonic JU-363 ), ha comportato il visibile ridimensionamento sul pannello anteriore di una delle due aperture a loro destinate. Fin dall’inizio la dimensione del case è stata prevista per contenere anche un HDD da 3,5 inch, dal momento nel quale fosse stato possibile collegarne uno al QL, e, per onor di cronaca, dopo aver saltato quella in standard ST della Miracle sono stato tentato di prendere la QBide di Nastasic quando fu presentata. Rinunciai non solo per una questione di costi, ma anche perché tutto sommato i floppy ED che ho potuto usare con i drives Mitsubishi annessi alla GoldCard, si sono rivelati adeguati per le mie esigenze di memorizzazione.

 … un ultima considerazione

Chi conosce l’evoluzione del QL e di tutto l’hardware che diversi costruttori hanno proposto sul mercato fin dai primi tempi della sua commercializzazione, col senno di poi, avrà notato che alcune modifiche che ho fatto le avrei potute evitare, oppure che delle componenti autocostruite che “mi sono inventato” per la mia QL Work Station, erano disponibili già pronte all’epoca della sua realizzazione.  Per essere chiari sto parlando di bus di espansione, delle interfacce per tastiera, delle varie tastiere di terze parti, dei case, e di tutto il resto. Perché non le ho usate / comprate ? Beh. Intanto perché, come ho scritto in altro luogo, internet era ancora fantascienza, QL Wiki era ben lungi dall’esistere, e le uniche fonti di informazione dalle quali venire a conoscenza dell’esistenza di quelle parti erano, a parte il passaparola, le riviste inglesi, che qui in Italia seppur presenti non é che abbondassero. E poi. Anche se avessi avuto cognizione della loro presenza, quegli add-on, da comprare in sterline, non é che fossero proprio economici. Al mio posto, e sapendo di essere in grado di fabbricar da voi quello che occorre risparmiando ( oltre a divertirsi ed imparare nel mentre ), cosa avreste fatto?

Due parole ancora sulle immagini che accompagnano questo scritto. Alcune sono state fatte all’epoca della costruzione iniziale e nei primi anni d’uso, ma la gran parte sono recenti, e documentano aspetto del case e disposizione interna delle componenti. Spero siano sufficienti ed esplicative dell’oggetto e del lavoro fatto su di esso.

Sapevo fin da subito che modificare così radicalmente un computer nato per stare dentro ad una ” tastiera” sarebbe stato un lavoro improbo ed impegnativo, anche se all’inizio non pensavo affatto di spingermi così lontano. Certo è che dopo averlo affrontato e portato a termine, ho avuto la soddisfazione di usare per tanti anni e con profitto il prodotto di quella “pazzia”.

 

Antonio Gareffa