Riscoprire il piacere della programmazione

Che senso ha utilizzare il QL al giorno d’oggi? Ormai è un computer che parrebbe obsoleto e poco potente. Ora che le nostre vite sono strettamente collegate ad un mondo digitale progredito, se un oggetto non ha la connettività, sembra essere roba antiquata e inutile. Chi al giorno d’oggi usa ancora il QL spesso si tratta di appassionati di retrocomputing o vecchi nostalgici che negli anni 80/90 erano utilizzatori di quella gloriosa macchina.
Eppure, per dei lavori semplici e veloci, i nostri supercomputers, smartphone e tablet, che con un click possono trovare in pochi secondi un programma tra i milioni disponibili, a volte non sono fatti su misura per noi, pieni di funzioni che mai utilizzeremo o sono poco “personalizzabili” o talvolta non fanno proprio il caso nostro.
Anche il fatto di allenare la mente a programmare, come se fosse un hobby nell’underground digitale e produrre qualcosa di creativo al contempo.
Per esempio: è strettamente necessario scaricare un programma che gestisca la finanza domestica, magari con pubblicità e opzioni inutili con qualche lacuna quando, con poche righe di codice, possiamo avere qualcosa di nostro, che ci venga incontro e che sia fatto su misura come un abito? Ecco. I programmi sono come i vestiti: si può usare ciò che è già stato prodotto o creare qualcosa che ci soddisfi in ogni parte senza fronzoli.
A questo proposito, come ben sappiamo, esistono diversi linguaggi di programmazione: quelli ad alto livello e quelli a basso livello. A basso livello ci permettono di sfruttare appieno le potenzialità della macchina ma con il difetto di maggiore complessità nello scrivere il codice, rischiare di fare errori e digitare parecchie linee anche per svolgere semplici compiti scoraggiando così i più a programmare. Al contrario, i linguaggi ad alto livello risultano essere semplici, immediati come il nostro modo di pensare e con la possibilità di scrivere poche righe per risolvere piccoli problemi a discapito però di mancanza di comandi potenti per accedere all’hardware a basso livello, talvolta con l’impossibilità di poter programmare in modo strutturato dovendo ricorrere magari a salti incondizionati generando così una difficoltà nel riuscire a capire, in fase di debug, dove abbiamo sbagliato nel caso in cui il programma fosse lungo e complesso.
Con il SuperBasic, e a maggior ragione la sua naturale evoluzione con l’SSB (Structured SuperBasic), abbiamo un ottimo compromesso che riunisce sia la semplicità di avere un dialetto Basic, con la velocità e la potenzialità di poter sfruttare appieno una macchina e con la possibilità di poter programmare in modo strutturato.
Questo secondo me riesce ad avvicinare anche i neofiti alla programmazione risvegliando in molti, la voglia di programmare visto che si tratta di un dialetto basic potente ma al contempo semplice. La possibilità poi di includere delle “librerie” (in realtà funzioni e procedure) permette l’utente di poter disporre di strumenti già pronti all’uso e la possiblità di riutilizzarli per altri scopi senza dover riscrivere da zero funzioni e procedure. Un “framework” di questo tipo permette poi di poter creare programmi anche complessi combinando pezzi di codice come se fosse un puzzle.
Lunga vita quindi al QL e a questo micro mondo digitale che, seppur si tratta di un underground informatico, è una pratica alternativa che ci permette di poter svolgere piccoli lavori, in modo creativo e su misura per noi.